Venazio Gibillini, o Giba, un signore ormai anziano, ma che da giovane ha provato l’esperienza della deportazione e del nazismo. La sua testimonianza, resa possibile nella nostra scuola grazie alla mediazione del comune di Bulciago, nel contesto della riflessione sulla Giornata della Memoria,  è stata molto interessante e coinvolgente.

La sua storia ha inizio quando il Luglio 1944 fu arrestato per non aver aderito all’esercito fascista, fu carcerato  a Milano alla prigione  San Vittore, dopo questo periodo di carcerazione è  stato portato in tre diversi campi; Bolzano, Flossenbürg, Kottern. Il viaggio è stato duro, e secondo lui qualcosa di disumano che nessuno sa immaginare. Arrivato nei campi ha subito diverse “accoglienze”, per esempio è stato spogliato e lavato con acqua bollente e poi frustato, infine vestito con degli abiti luridi. Quando è venuto a scuola ha portato con sè un cucchiaio sul quale aveva inciso la parola “MAMMA”, lo usava tutti i giorni per mangiare un piccola porzione di zuppa fredda.

Ci ha raccontato che bisognava ricordare il proprio numero a memoria, mentre i più fortunati lo avevano inciso sulla camicia, un numero lungo, per lui complesso da ricordare. E’ stato deportato per circa un anno e mezzo, che per lui è sembrato un anno infinito, al termine del quale è stato liberato.

Questa sua terribile avventura è stata condivisa anche con un suo amico, Eugenio, che alla liberazione non ha più visto, ma che dopo tre anni lo ha richiamato per chiedere se stava bene.

Una storia che sembra un racconto fantastico, ma che per Giba e verità bruciata sulla pelle.

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