Sono Martina della 3^B e in questo articolo vorrei parlarvi di uno spettacolo che noi classi terze abbiamo visionato e il cui titolo è “Stupefatto”.

Gli avvenimenti narrati si ispirano alla storia vera di un ragazzo che ormai è diventato un uomo adulto.

La vicenda parla di Enrico, un ragazzo che si trova per caso davanti a una scelta difficile: fumare o no una canna? Dopo averci riflettuto decide di fumarla, ma da quel momento la vita di Enrico cambierà per sempre. Dopo aver fumato passerà a delle droghe sempre più pesanti fino ad arrivare all’iniezione di eroina. La sua vita in quegli anni cambia radicalmente: frequenta brutte persone, si distacca dalla famiglia, inizia a spacciare del fumo, si sciupa sempre di più…e lo stesso Enrico se ne rende conto, ma la tentazione è più forte della sua forza di volontà. Solo dopo avere rischiato la vita due volte riuscirà a trovare la forza per uscire dalla dipendenza; il percorso non sarà facile, ma per fortuna potrà contare sulla sua famiglia e su una comunità. Proprio in questa comunità conoscerà quella che diveneterà sua moglie con cui avrà anche dei figli.

Mi vorrei concetrare in particolare su tre aspetti.

Il primo è che Enrico, durante tutta la vicenda, si autoconvinceva di non essere un tossicodipendente. All’inizio, dopo aver fumato la canna, diceva: “Il tossicodipendente è chi assume cocaina o droghe simili”; poi, quando lui stesso iniziò ad assumere queste droghe, disse: “Il tossico dipendente è chi assume eroina”, ma dopo che iniziò ad assumere eroina disse: “Il tossicodipendente è chi si inietta eroina”. Questo processo di autoconvinzione mi ha colpito molto e mi ha fatto rilfettere su quante volte cerchiamo di trovare delle scuse o delle cose peggiori per ciò che facciamo.

Il secondo è quanto sia stata veloce la trasformazione di Enrico da un ragazzo come gli altri, che pensa alla famiglia, alla scuola e agli amici ad un ragazzo divorato dalla droga. La sua intossicazione è come una scala: ogni gradino che si sale è sempre più difficile tornare alla partenza e Enrico ha scalato molti di questi gradini fino ad arrivare sull’orlo di cadere dalla scala. Ma arrivato all’utimo gradino, rendendosi conto della caduta imminente è riusito a tornare indietro; ha percorso, uno ad uno, tutti i gradini della scala che aveva compiuto in precedenza.

L’ultimo aspetto che mi ha colpito molto è quando lui stesso ha confessato che, anche molti anni dopo la sua disintossicazione, dopo essersi sposato e aver avuto dei figli, abbia avuto ancora voglia della droga come se non si fosse lasciato completamente alle spalle il suo passato. Per fortuna ha deciso di pensare alla sua famiglia, ai suoi figli e a sua moglie e perciò non ha mai ripreso l’assunzione di droghe.

In conclusione ci tengo a dire che questo spettacolo è stato molto educativo, emozionante e toccante. Ci siamo resi conto che anche un ragazzo come Enrico, un ragazzo come altri, ha vissuto un’esperienza che a noi sembra così lontana, ma che purtroppo ci circonda ogni giorno.

 

 

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