Abbiamo notato che nella nostra società il genere è un fattore tanto importante da influenzare ogni singolo aspetto della nostra vita, fino ad arrivare a credere che nella nostra natura ci siano davvero cose da maschio e cose da femmina. La prima cosa che notiamo di qualcuno è il loro genere e il nostro comportamento, le nostre aspettative, i nostri giudizi molto spesso cambiano in base a quest’ultimo. Il genere tuttavia è un concetto che esprime l’appartenenza ad un sesso dal punto di vista culturale, non biologico. Il problema è che sin da bambine, veniamo abituate a corrispondere alle idee del nostro genere di appartenenza e ora vi faremo degli esempi per farvi capire cosa intendiamo.

Il gioco ha un ruolo fondamentale nell’infanzia e svolge una funzione di “addestramento” a ruoli sociali. Il gioco femminile si sviluppa infatti in piccoli spazi, ha uno scopo prevalentemente estetico ed educa alla calma e alla cura della casa e dei bambini (come abbiamo parlato nel nostro articolo sul femminicidio) Al contrario il gioco maschile è più vivace, movimentato e cresce i ragazzi in modo dinamico e fisico. Ci sono anche alcuni studi che dimostrano che i giochi pensati per i maschi come le costruzioni, sviluppano maggiormente il pensiero logico.

Anche i colori sono classificati in “per maschi” e “per femmine”, basti pensare alla contrapposizione tra rosa/viola e blu/azzurro. Ci teniamo però a ribadire che non esiste nessuna motivazione oggettiva o biologica per questa distinzione.

Sempre a scuola, soprattutto in fase di orientamento per le scuole superiori e per l’università, possiamo notare che le ragazze sono più spinte a scegliere un ambito umanistici, mentre i ragazzi sono incoraggiati a seguire una carriera legata alle materie scientifiche o matematiche. Ma perché? Semplice. Queste ultime sono considerate più difficili rispetto a quelle umanistiche. 

A scuola esistono ancora diversi pregiudizi verso le ragazze che vengono spesso additate come oche o pettegole quando parlano o stringono delle semplici amicizie. Ci si aspetta, come se fosse nella natura femminile, più serietà e calma da parte delle ragazze, mentre un atteggiamento più incontrollato e vivace dai ragazzi è considerato la norma.

Gli stereotipi si protraggono anche nel mondo del lavoro, ovviamente.  Avere un buon lavoro è una parte fondamentale della nostra cultura e, soprattutto, ci rende indipendenti dagli altri (un elemento essenziale per sia per uomini che per donne). Se lo stipendio di un donna non è abbastanza alto da mantenerla (o è inesistente, se non lavora), allora è dipendente finanziariamente dai genitori o dal marito. Una delle cause per cui molte donne vittime di violenza domestica non riescono ad uscire dalla propria situazione è proprio la dipendenza economica dal marito (o del padre, del fratello…). Quando non si hanno abbastanza soldi per vivere, l’unica possibilità per una donna è quella di restare in un contesto abusante. Ma la dipendenza economica è solo una delle tante disparità tra uomini e donne in ambito lavorativo.

Vero è che solamente il 28% dei manager in Italia è donna, di cui il 9% svolge la professione di dirigente. In aggiunta possiamo dire che è molto preoccupante anche la differenza del salario tra i 2 generi: di base  il divario dello stipendio cambia da Paese in Paese, ma  è sempre presente. In media le donne prendono il 15% in meno degli uomini (anche se fanno il loro stesso lavoro ).

In un mondo in cui esistono ancora tutte queste differenze, la cosa più importante che vogliamo e pretendiamo è quella di essere trattate come persone. Lara e Flora

Immagine via Pinterest

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